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Ritengo che la ricchezza del dialogo comunicativo sia da situare nelle continue 'previsioni' che emittente e ricevente mettono in atto sulla base delle loro esperienze e sulle continue 'deformazioni' volontarie (ma spesso anche involontarie) operate sui messaggi per stabilire la comunicazione. La ricchezza e l'evoluzione delle idee nella storia sociale � la conseguenza non solo di accordi e deduzioni sul sapere, ma anche di 'equivoci', il risultato di un'interpretazione deformata (dunque non fedele) del significato originario della teoria a cui ci si rif�. Le differenze e in esse gli errori di comprensione sono storicamente produttivi e benefici allo stesso modo delle identit� e delle interpretazioni fedeli. Rispetto a tale ipotesi di 'meccanismo' di capacit� di fare previsioni, e dunque il possedere una forma di coscienza, ritengo che le pur innovative e notevoli teorie esposte sulla creativit� nei modelli di comportamento neurale sebbene annuncino una positiva evoluzione delle interfacce uomo/macchina non siano sufficienti a far giudicare come interattivi tali meccanismi (intendendo per interattivit� una reale messa in atto dello scambio comunicativo tra due enti), ma che si rimanga dipendenti dai comportamenti possibili di un meccanismo 'egoista' Egoista poich� produce risposte determinate dalla sua struttura in modo meccanico anzich� come risultato dialettico tra la sua struttura e la capacit� di produrre previsioni sull'emittente o ricevente; un egoismo che � tale solo in quanto risultato di sistemi complessi di emergenza di comportamento indotti dall'equipe che ha costruito il meccanismo, attraverso un tipo di scienza che non � ancora in grado di assegnare consapevolezza alle macchine. L'evoluzione, la mutazione, la novit�, in tali sistemi non � una scelta volontaria, bens� meccanica.

Ci� che manca ancora alle macchine (ci� che effettivamente hanno cercato, per adesso in modo fallimentare, di realizzare gli scienziati dell'intelligenza artificiale) � la coscienza; intendendo in essa la capacit� di fare previsioni, sintesi e scelte in modo individuale e spontaneo rispetto agli input che le provengono dall'esterno e dunque mettere in atto un processo di comunicazione che implica un grado (seppur parzialmente deformato) di comprensione di ci� che l'esterno voleva significare. Non credo dunque che le macchine (almeno quelle che sono annunciate dalle recenti ricerche sulla vita artificiale) non abbiano una coscienza o non comprendano i messaggi, ma credo che (rispetto al punto di vista umano) siano stupide, ovvero abbiano un campo di esperienza talmente ristretto del mondo (o meglio talmente diverso dal nostro) da limitare le possibilit� comunicative tra noi e le macchine a aspetti minimi e parziali del panorama possibile della comunicazione tra due o pi� individui. Questo per quello che riguarda la comunicazione 'fedele'. Poich� per� ritengo che anche la comunicazione parzialmente o totalmente deformata possa avere conseguenze, ritengo che vi siano delle possibilit� di crescita della nostra esperienza nel dialogo anche con macchine secondo il nostro punto di vista 'stupide'. Il rischio � un fenomeno di 'alienazione partecipativa' in quanto l'egoismo della macchina esclude una partecipazione attiva dell'individuo che non riceve risposte ai suoi messaggi quanto interpretazioni libere o preprogrammate della macchina sul mondo. Fino a quando le macchine non avranno una coscienza (di tipo umano) � necessario che la comunicazione sociale non sia di tipo meccanico, ma integri l'uso della macchina a quello della coscienza umana. La rete Internet (nei suoi aspetti di chat o conferenze) � interessante perch� in essa, seppur integrata e mediata da un'interfaccia meccanica, vi � la presenza di altri individui con coscienza umana con cui stabilire comunicazione. Al momento in cui questa possibilit� di reale interattivit� venisse meno (per motivi di censura, accesso, legislativi, economici, etc.) o sostituita 'totalmente' da agenti meccanici (vedi i knowbot o i cosiddetti software 'push' se usati al posto degli individui in modo totale) ci� che rimarrebbe di Internet non sarebbe pi� una rete , ma un circuito di una enorme macchina complessa assolutamente alienante e asservita a scopi funzionali di scarso interesse per l'uomo. In tal senso le interfacce devono essere fluttuanti. In quanto devono mediare l'organico con il meccanico. E l'organico non solo per le sue capacit� spontanee e auto-organizzanti di evolvere, ma anche per le sue qualit� morali di libero arbitrio. E' per questo che ritengo le reti interessanti solo se aperte a situazioni cooperative e coevolutive quali sono per esempio i centri sociali, i movimenti in genere e qualsiasi altra forma libera, spontanea e collettiva di uso delle reti. Questo secolo � stato improntato dallo sviluppo di nuovi paradigmi coevolutivi della comunicazione, ma soprattutto della creazione del sapere e dalla sperimentazione artistica. La storia dell'arte del novecento � la storia di gruppi che hanno creato relazioni, operato e partecipato a movimenti collettivi che valgono solo nella loro complessit� non riducibile alle singole parti. L'opera d'arte del novecento � in questo senso coevolutiva. Ed � inseparabile da storie, concetti, idee, relazioni e movimenti sociali che si sono susseguiti nel tempo. L'emergere della libert� di tali idee, della loro forza e umanit� risiede nella loro struttura assolutamente spontanea e correlata. La coevoluzione in atto non � riducibile a una singola macchina, individuo oggetto o idea. Dobbiamo muoverci e produrre nel tutto. Altrimenti avremo bellissime opere e bellissime macchine che arrugginiscono separate da potenti e enormi emozioni umane inespresse e alienate.

"Noi pensiamo sempre 'anche' col corpo, e poich� i computer non hanno un corpo siffatto, i problemi realmente umani saranno sempre estranei alla loro intelligenza". (F.Capra, op. cit., pag. 83). Una radicalizzazione di tale considerazione sulla corrispondenza tra forma-corpo (morfogenesi?) e pensiero rischia di cadere in una radicalizzazione di differenziazioni di specie attraverso la semplice struttura del corpo. Va, credo, saputa intuire una possibilit� di essere in relazione tra due strutture (in questo caso uomo/corpo e macchina) e di come il pensiero dell'una influenza l'altra al punto da non poterle separare e distinguere con certezza. Sono differenze di gradi e variabili spazialmente e temporalmente. Vi sono aspetti del pensiero della macchina e dell'uomo che non corrispondono, ma tali aspetti evolvono e mutano nel tempo in modo tale da rendere una loro descrizione come un entit� dinamica in continua oscillazione che necessita quindi di una terminologia "sfumata" e in continua riformulazione. Le macchine stanno sempre pi� avvalendosi di strutture con un corpo biologico e viceversa gli uomini tendono sempre pi� a modellare o a "riparare" il proprio corpo con l'ausilio di tecnologie e protesi meccaniche. L'assemblaggio 'meccanico' di parti biologiche nella metafora del Golem o del Frankenstein ha possibilit� di successo? E nel caso il corpo risultante va considerato una macchina o un uomo? E il pensiero di un corpo biotecnologico sar� il pensiero di una macchina o di un uomo? E' giusto assegnare, o cercare di farlo, il libero arbitrio alle macchine? Che genere di enti sarebbero delle macchine 'organiche' in possesso di un loro libero arbitrio? Sarebbero uomini o macchine? Il libero arbitrio � una qualit� unicamente 'umana'? Se cos� non fosse e se fosse possibile far emergere il libero arbitrio a un meccanismo, saremmo di fronte a una nuova specie evolutiva o sarebbe un'evoluzione della specie umana?

Solo se si accetta che la comunicazione � tale solo se implica l'evoluzione dell'emittente insieme al ricevente (e dunque un feedback che produca effetti evolutivi e dialettici) si pu� garantire la fluidit� dei sistemi sociali, la loro evoluzione e evitare una cristallizzazione su valori 'assoluti'. Se si accetta di definire comunicazione (in quanto 'evocativa') la trasmissione 'unidirezionale' di un messaggio (pur con conseguenze 'evolutive' nel ricevente), si rischia di creare una separazione dell'essere individuale che non � pi� contingente e immanente alle situazioni quotidiane, bens� un alter ego separato e virtuale che potrebbe rischiare di sovrapporsi all'essere deformandone le qualit� oltrech� le necessit� prettamente 'umane'. Il linguaggio, cos� come i vari media, sono possibili estensioni del corpo che possono favorire la comunicazione. Tale comunicazione per� non pu� pi� esistere nel momento in cui venga cessato ogni tipo di legame con l'individuo che li ha usati. La cultura pu� essere essa stessa un'estensione 'biologica' del corpo in grado di produrre e stimolare evoluzione negli individui, ma quando la cultura � separata dall'individuo diventa un secondo organismo, diverso e di una specie non umana. Credo che sia possibile l'esistenza di nuove specie evolutive, risultato degli incroci tra individui, macchine e culture, ma l'essere e la specie umana devono mantenere una loro 'autonomia'. Credo sia necessario il dialogo con ogni possibile forma di vita e questo � l'obiettivo primario delle ricerche sulla vita artificiale (C. Langton in "Vita artificiale", 1989), ma l'individuo deve avere una sua autonomia e libero arbitrio che lo distingua e gli permetta di distinguersi da ci� che lo circonda. In modo equivalente la comunicazione � a mio avviso definibile solo quando vi sia la reale partecipazione e conseguente evoluzione tra individui e in particolare tra emittenti e riceventi.

L'arte delle strade ha sollevato il coperchio dei musei e delle biblioteche. Ha riportato la conoscenza e la comunicazione a vivere ed evolvere nel quotidiano. La sottrazione progressiva e la separazione del sapere dalla vita ha creato una forma di classificazione e di meccanica nella comunicazione che, per rendere immortale il sapere, ne ha sacrificato la dimensione individuale in una forma di alienazione succube alle logiche economiche e politiche relative alla nascita delle forme di Stato sviluppatesi tra il 1600 e il 1700. L'arte delle strade � l'esplosione della conoscenza e della comunicazione disposta a deperire seguendo i ritmi biologici che uniscono corpo e mente, materia e cultura in quell'unit� autonoma definita individuo. La tecnologia delle reti, ma andando oltre, il concetto stesso di sistema sociale in rete, ha permesso alle due forme culturali, meccaniche e dinamiche, tipiche del linguaggio della scrittura e della parola orale, di riunirsi attraverso una dialettica in cui i codici genetici della cultura, i memi (quella forma di vita biologica immateriale che � sostanza di ogni individuo attraverso la cultura) sono in inscindibile relazione ed evoluzione con l'indeterminazione evolutiva della sostanza biologica materiale. Il comportamento si sostituisce al simbolo come sintesi di un modello in relazione e divenire. Ma il comportamento non pu� essere a sua volta una forma di emergenza meccanica finalizzata a scopi funzionali seppur attraverso procedimenti induttivi e sintetici del percorso scientifico, ma deve essere in grado di riflettere l'autonomia, il libero arbitrio e la consapevolezza dell'individuo. E' il libero arbitrio mediato dalla consapevolezza che produce la possibilit� di fare previsioni. E tali previsioni sono il cuore che pilota le deformazioni dell'informazione producendo come risultato il grado di comunicazione. Il concetto stesso di sistema sociale in rete implica un'inscindibile relazione di ogni unit� individuale organica con il mondo dell'inorganico. La vita emerge dalle relazioni di molteplici sistemi in rete e tali sistemi possono essere anche artefatti meccanici. Bisogna imparare a convivere e rispettare ogni forma di diversit� anche quella della materia, poich� � con esse che coevolviamo. Ma dobbiamo mantenere ben ferma in noi l'idea per cui l'individuo per vivere ha bisogno di comunicazione e questa non pu� esistere senza comprensione e dunque 'volont�' di convivenza. Senza tali qualit� si hanno forme di vita 'egoiste' che possono creare alter ego di noi nello spazio immateriale e che saranno forme alienate dalla comunicazione e in esso controproducenti e deteriori per l'evoluzione della specie umana.

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