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"LUTHER BLISSETT SIAMO NOI"                                          da La Repubblica, 6 marzo 1999:

Con un singolare romanzo quattro autori rivendicano la paternita' delle beffe telematiche.
E per la prima volta rivelano la loro identita'

di Loredana Lipperini

ROMA - Che fine ha fatto il minimalismo? Dove sono i racconti in interni, estesi al massimo tra pianerottolo e quartiere? Questa e' tutt'altra storia, e vede l'irruzione sulle scene di Q, romanzo golosamente atteso come l'esordio narrativo del sovversivo Luther Blissett (pseudonimo dietro cui si nascondono diversi autori, protagonisti in passato di beffe telematiche) e rivelatosi un colpo di scena letterario: solido, solidissimo, al di la' di ogni possibile e previsto successo di scandalo. Seicentoquarantatre' pagine di una straordinaria avventura storica di fede e di rivolta, trent'anni di fughe, intrighi e stermini nel primo Cinquecento, nella Sassonia dei cavalieri di ferro, nella Westfalia dell'utopia anabattista, nella Roma dei Papi: dove i potenti tessono trame sanguinosissime e dove due antagonisti si inseguono. Un ex studente di teologia e Q., occhio e spia del Grande Inquisitore e futuro papa Giovanni Pietro Carafa.

Colta, avvincente, asciutta pur nella sua complessita', la storia (che esce per Stile Libero Einaudi a 26.000 lire) e' piaciuta a piu' di un illustre lettore che ha potuto gustarla in anteprima e ha alimentato cio' che era prevedibile: la caccia al vero autore, fin qui identificato in prelati eretici e, naturalmente, in Umberto Eco. Le cose stanno diversamente. Gli autori sono quattro e sono nel "Luther Blissett Project" fin dai suoi esordi. Hanno accettato di svelarci i propri nomi, ai quali non intendono dare peso. Per la cronaca, si chiamano Federico Guglielmi, Luca Di Meo, Giovanni Cattabriga e Fabrizio P. Belletati. Hanno tra i ventisei e i trentacinque anni. Vivono a Bologna: qualcuno lavora nel terzo settore e nell'industria culturale, uno fa il buttafuori in locali e centri sociali della citta'. Fine della biografia.

"I nostri nomi", dicono in un'intervista che resta rigorosamente collettiva, "hanno pochissima importanza, e ancor meno le nostre storie individuali. Siamo il team che ha scritto Q, ma allo stesso tempo siamo meno dello 0,04% del Luther Blissett Project". Perche' accettare di venire allo scoperto, allora? "Non per spettacolarizzare noi stessi e diventare scrittorucoli giovani da salotto o da talk show. Sarebbe una fine ingloriosa, e altri Blissett farebbero bene ad abbatterci come cavalli feriti. Questa mossa serve a far vedere che siamo un collettivo, non un Autore singolo. Dietro Blissett, e dietro Q, non c'e' nessun Grande Vecchio, ne' un misterioso erudito, ne' tantomeno soltanto noi. E’ il network il futuro della "scrittura creativa". Pero' cominciate dal passato. Perche' avete deciso di scrivere un romanzo storico, e perche' lo avete ambientato nel Cinquecento? "Q e' un romanzo di genere, anzi un romanzo di generi. E' un giallo, e' un noir, e' una spy story, e' un romanzo d’avventura, e poi e' anche un romanzo storico. Abbiamo affrontato una narrazione impegnativa, corale, in cui s'intrecciano sottotesti e sottostorie. E' questo che ci piace, e' questo che deve fare la letteratura: raccontare storie, produrre mito. Non ne possiamo piu' di raccontini basati su un'unica idea, e spesso nemmeno su quella, che si riducono a esercizietti di stile, libercoli pseudo-autobiografici e generazionali. Roba da cento paginette. L’ondata minimalista finira', deve finire. Anzi, e' finita. E' dimenticata. Quanto al XVI secolo, lo abbiamo scelto perche'  e' il secolo in cui nasce il moderno, e tutto cio' che oggi sta marcendo: l’Europa, la comunicazione di massa, gli apparati di polizia, il capitale finanziario, lo Stato. E poi, come dice nel romanzo il libraio Pietro Perna: 'Puttane, affari, libri proibiti e intrighi papali. C'e' forse qualcos'altro che da sapore alla vita?'". Ci sara' stato uno spunto iniziale. "Piu' d'uno. L’idea ci e' venuta verso la fine del 1995 leggendo l’enciclica papale *Ut Unum Sint*, le ricerche di Raoul Vaneigem sul movimento del libero spirito e *American Tabloid* di James Ellroy. Potremmo definire Q un frullato di tutto questo. Abbiamo impiegato sei mesi per reperire il materiale storiografico, altrettanti per comporre l’intreccio, piu' due anni per la stesura. E come si fa a scrivere a otto mani? "E' come per un 'combo jazz': grande affiatamento, arrangiamenti collettivi e assoli individuali. Ma un altro esempio possibile e' la realizzazione di un videogame: ci sono sempre almeno una ventina di nomi accreditati come autori. C'e' forse differenza tra un romanzo e un software interattivo? Del resto, da anni Blissett dice che la scrittura e la creazione sono in tutto e per tutto progetti collettivi, le idee non possono avere proprieta', il genio non esiste, c'e' solo una Grande Ricombinazione". Infatti il libro esce con una clausola fin qui inedita: puo' essere riutilizzato, in tutto o in parte, purche' da singoli e non da altri editori. "Gia': per la prima volta nella storia dell'editoria abbiamo imposto a una major una formula anti-copyright. E' un precedente importante di cui siamo molto soddisfatti". In piu', Q e' anche la summa teologica del "Luther Blissett Project": e certo non perche' a pagina 69 appare la parola Luther scritta sui muri, in questo caso riferendosi a Lutero. Ma perche', cercando bene, si trovano tutti i vostri temi: identita' multipla (i tanti nomi del protagonista), le infiltrazioni nel potere. Dimentico qualcosa? "Preferiamo che le analogie vengano scoperte dai lettori, ma una cosa va detta: Q e' un omaggio alla storia fatta dai comprimari, alla moltitudine viva e senza nome che regge su di se' l’intero peso delle vicende umane. Tempo fa abbiamo dato a questa moltitudine il nome di Luther Blissett, ma il battesimo e' ovviamente facoltativo". A proposito: il "Luther Blissett Project" italiano terminera' entro il 2000. Perche'? "Come disse l’immenso Cary Grant, e' meglio andarsene un minuto prima, lasciando le persone con la voglia, che un minuto dopo, avendole annoiate".

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